Lungolago – pomeriggio inoltrato
Stavo godendomi l’ultimo sole settembrino, seduta in riva al lago con un libro tra le mani. Ma non riuscivo a concentrarmi: il mio sguardo era attirato da una donna che al mio arrivo era già collocata sul bordo di una panchina, non lontano da me. Sembrava un gabbiano in procinto di prendere il volo, con quel suo vestito bianco alquanto elegante. Era visibilmente nervosa e non faceva che consultare con insistenza l’orologino che aveva al polso.
Dopo una ventina di minuti giunse un lui, con un fare un po’ annoiato, quando a mio avviso avrebbe dovuto essere trafelato e per prima cosa scusarsi per il ritardo. Aveva una camicia bianca, la cravatta allentata e la giacca buttata con nonchalance su di una spalla.
– Ah, sei già qui? – lo sentii dire, mentre prendeva posto sulla panchina, accomodandosi con una calma che pareva quasi prepotente.
– Sì, l’appuntamento era alle cinque! – rispose lei, con una voce un po’ querula, da cui non riusciva a nascondere la tensione.
– Alle cinque! Come sempre ti sbagli! Avevamo detto alle sei!
– No, avevamo fissato alle cinque: eri stato tu a dire che oggi saresti uscito presto dall’ufficio…
– Va bene! Va bene! Ma non facciamone una tragedia. Sei stata qui a goderti il sole.
Lei cercò di abbozzare un sorriso, che però risultò un aborto perché all’improvviso ebbe la necessità di soffiarsi il naso.
-E adesso non dirmi che ti sei beccata un raffreddore per colpa mia!
Lei non sembrava affatto sul punto di dire alcunché, intenta a soffiarsi il naso e asciugarsi un po’ furtivamente gli occhi.
-Non metterla giù dura. Un collega mi ha chiesto di andare al bar e come potevo rifiutare? Poi sai come vanno a finire queste cose, una parola tira l’altra… Ma cosa vuoi che sia un po’ di ritardo?
Aspettavo che aggiungesse pomposamente “… in confronto all’eternità” ma lei intervenne con un filo di voce
-Ero preoccupata.
-Ti preoccupi perché sei una stupida. Te lo dico sempre che non devi sclerare quando ritardo. C’è sempre un buon motivo. Significa che sono sopravvenuti degli imprevisti
-Ma almeno una chiamata, un messaggio per avvisarmi…
-Vabbè, smettila di farne un dramma. Mi è uscito di mente – e per troncare ogni ulteriore recriminazione le prese dalle mani il giornale che lei aveva stretto per tutto il tempo come se fosse un gran tesoro. O un’ancora di salvezza. Una boa a cui aggrapparsi per non affogare.
Dopo alcuni interminabili minuti, in cui il silenzio era calato su di loro come il cappuccio del Ku Klux Klan, lei si raschiò la gola e pronunciò in un soffio:
-Io e te dobbiamo parlare.
-Non ora. – rispose lui con aria annoiata. – Non vedi che sono occupato?
Avevo udito abbastanza, non volevo sentirmi coinvolta nell’inanità degli sforzi di quella povera vittima, nella sua sofferenza.
Luisa Zambrotta
Una storia triste…
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Sì, triste…
Buona serata, cara Dani 🙂
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Buona serata cara Luisa 🌹
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⭐️🌙 ⭐️🌙 ⭐️🌙
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Lui ci teneva davvero a quell’appuntamento.
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Vero?!?
😉
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Mi ha fatto pure venire l’ansia, tanta è stata la febbrile eccitazione dell’incontro con lei.
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Impaziente, premuroso, galante … purtroppo ci sono molte persone così poco sensibili ai sentimenti e ai bisogni dell’altro.
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Da buttarlo giù
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Hai ragione: sarebbe stata la reazione più appropriata
😉
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Mi piace la frase “ome il cappuccio del Ku Klux Klan.” grande similitudine! 😢
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Grazie mille caro Allen. La tua visita e il tuo apprezzamento mi fanno molto piacere
🙂
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Ma che tristezza… Ma che bastardo!
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Sì, a volte i discorsi tra alcune persone sembrano un copione del teatro dell’assurdo, dove l’ascolto è un optional
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Oggi nessuno ascolta, questo è il vero problema, si ascolta solo se stessi, come se il mondo fosse a parte!
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Che tristezza…. 😦
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Tantissima cara Luisa 💖
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❤
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– io e te dobbiamo parlare
– non ora – rispose lui con aria annoiata…
Quando si tratta di affrontare certi discorsi (impegnativi?), noi uomini spesso tentiamo – infastiditi – di sottrarci rimandando. Nella speranza che la cosa finisca lì. È un classico. Di cui non c’è da vantarsi. La relazione mi riporta indietro nel tempo. Negli anni sessanta. Il bisogno di comunicare e l’incapacità di comunicare. Triste cosa. Purtroppo, nulla di nuovo sotto il sole.
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L’incomunicabilità … in una società in cui tutti sono connessi a tutti, alcuni sembrano star dimenticando come si comunica realmente tra esseri umani
🙂
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Non è che ce lo stiamo dimenticando. La verità è che molti di noi non l’hanno mai imparato. Dai tempi di Antonioni pare che di strada ne abbiamo fatta poca. Alla prossima.
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Sì, se ci rifletto, temo proprio che tu abbia ragione.
Buona serata
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certo che hai intercettato un frammento di vita di coppia (?) davvero sconfortante: chissà se ci erano o ci facevano
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… e purtroppo non è raro di imbattersi nella mancanza di empatia tra le persone!
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diciamo, più prosasticamente, che non è raro imbattersi in qualche stronzo fatto bene
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😉
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povera donna …avrebbe dovuto spedirlo nel lago a calci nel deretano…perché tante di noi continuano con ostinazione ad essere schiave? Hai centrato una situazione ahimé troppo frequente ciaoo luisa buona serata
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Non so perché molte accettano ancora. A volte penso che sia un esagerato e ottimista spirito da crocerossina che le fa ritenere di essere in grado di cambiare i prepotenti e i violenti
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concordo…oppure il terrore di rimanere sole…ciaooo luisa
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E’ così, forse veramente c’è la paura di rimanere da soli
… senza rendersi conto che, in una situazione del genere, soli si è già
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Sì, e la solitudine, quando esteriormente si è in due, diventa a volte intollerabile
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Intollerabile e da non perseguire
apriamoci al contatto
condividiamo
non permettiamo a nessuno di “assorbire”
e “fare propria” la nostra energia
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Condivido il tuo augurio … 🤗🤗🤗
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Che tristezza!
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Purtroppo ci sono persone così piene di sé da non accorgersi neppure dei sentimenti di chi hanno vicino
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