Apollo and Daphne

In yesterday’s post “Sara Teasdale and Lake Como”, speaking of the poem “Villa Serbelloni, Bellaggio” , where the myth of Apollo and Daphne is evoked, I said that the poet wanted to escape her anguish and allow herself a moment of respite. expressing the desire to turn into a laurel as Daphne did.

The story of Apollo, also called Phoebus, and Daphne is an ancient Greek myth, told by many Hellenistic and Roman authors.

Apollo, son of Zeus, is the god of medicine, the sun, archery, music, poetry, art. Daphne, the maiden daughter of the river god, Peneus, is a Naiad, a goddess of fountains, wells. and springs, famous for her beauty.

In Ovid‘s Metamorphoses their story takes place immediately after Apollo killed the Python, the great snake that terrified humanity, by piercing it with 1,000 arrows.
After his triumph over such a powerful enemy, Apollo, full of arrogance, began to mock the god of love, Eros (or Cupid), who was also a famous bowman, for his use of a bow and arrow.

The insulted Eros then prepared two arrows: one of gold and one of lead. He shot Apollo with the gold arrow, instilling in him a passionate love for the river nymph Daphne.
Than, he hit the Naiad with the lead arrow, the one that repelled, instilling in her a great hatred for Apollo.

When he saw Daphne, he was struck by her beauty and, consumed by desire, he started chasing her while the Nymph began to reject him and flee away.

Cupid’s revenge had been cruel: Apollo was madly in love with a woman who hated him with all of her being.
As time went by, Apollo was getting closer and closer, while the young woman was becoming exhausted.
When he finally grabbed her, her Naiad begged her father to help her.
Peneus responded to her request and decided to help his daughter, who was now firmly in the hands of Apollo.
Daphne started transforming into a tree. Her hair became leaves, her arms branches and her legs roots. Before Apollo could get a glimpse of her face, she was gone, leaving a beautiful laurel tree (literally a daphne tree in Greek) in her place.

Yet the heartbroken Apollo did not lose his passion for Daphne and promised her that, since she could not be his wife, she would be his tree.
He vowed to honour her forever and gave the tree eternal youth and immortality, making Daphne, the laurel, evergreen

Image: Apollo and Daphne is a Baroque life-sized marble statue sculpted by Gian Lorenzo Bernini between 1622 ( when he was only 23 years old) and 1625, housed in Rome at the Borghese Gallery.
The work depicts the climax of the myth: Apollo, who is wearing a laurel wreath, is represented in the act of clutching Daphne’s hip, while she tries to escape him. She is portrayed halfway through her metamorphosis into the laurel tree with her arms turning into branches.
The sculptor was able to provide an intense visual impact, and to capture motion, transformation, sexual appetite, and terror.

Nel post di ieri “Sara Teasdale e il Lago di Como”, parlando della poesia “Villa Serbelloni, Bellagio”, dove viene evocato il mito di Apollo e Dafne, ho detto che la poetessa voleva sfuggire alla sua angoscia e concedersi un momento di tregua esprimendo il desiderio di trasformarsi in alloro come Dafne.

La storia di Apollo, chiamato anche Febo, e Dafne è un antico mito greco, raccontato da molti autori ellenisti e romani

Apollo, figlio di Zeus, è il dio della medicina, del sole, del tiro con l’arco, della musica, della poesia, dell’arte. Dafne, figlia del dio del fiume, Peneus, è una Naiade, una dea delle fontane, dei pozzi e delle sorgenti, famosa per la sua bellezza.

Nelle Metamorfosi di Ovidio la loro storia si svolge subito dopo che Apollo uccise il Pitone, il grande serpente che terrorizzava l’umanità, trafiggendolo con 1.000 frecce.
Dopo il suo trionfo su un nemico così potente, Apollo, pieno di arroganza, iniziò a deridere il dio dell’amore, Eros (o Cupido), un famoso arciere, per il suo uso di arco e frecce.
L’insultato Eros preparò allora due frecce: una d’oro e una di piombo. Colpì Apollo con la freccia d’oro instillandogli un amore appassionato per la ninfa del fiume Dafne.
Scoccò poi alla Naiade la freccia di piombo, quella che respingeva l’amore, instillando in lei un grande odio per Apollo.
Quando questo scorse Dafne, fu colpito dalla sua bellezza e, consumato dal desiderio, iniziò a inseguirla mentre la Ninfa cominciò a respingerlo e a fuggire.

La vendetta di Cupido era stata crudele: Apollo era follemente innamorato di una donna che lo odiava con tutta se stessa.
Con il passare del tempo, Apollo si avvicinava sempre più mentre la giovane era diventata esausta.
Quando infine lui l’afferrò, la Naiade pregò il padre di soccorrerla.
Peneus rispose alla sua richiesta e decise di aiutare la figlia che ora si trovava saldamente nelle mani di Apollo.
Daphne allora iniziò a trasformarsi in albero. I suoi capelli divennero foglie, le braccia rami e le gambe radici. Prima che Apollo potesse dare un’occhiata al suo viso, lei era sparita lasciando al suo posto un bellissimo albero di alloro (letteralmente un albero di dafne in greco).

Eppure l’affranto Apollo non perse la sua passione per Dafne e le promise che, poiché non poteva essere sua moglie, sarebbe stata il suo albero.
Giurò di onorarla per sempre e le donò eterna giovinezza e immortalità rendendo l’alloro un sempreverde.

Immagine: Apollo e Dafne è una statua barocca in marmo a grandezza naturale scolpita da Gian Lorenzo Bernini tra il 1622 (quando aveva solo 23 anni) e il 1625, conservata a Roma presso la Galleria Borghese.
L’opera raffigura il culmine del mito: Apollo, cinto da una corona d’alloro, è rappresentato nell’atto di stringere il fianco di Dafne, mentre lei tenta di sfuggirgli. È ritratta a metà della sua metamorfosi in albero di alloro con le braccia che si stanno trasformando in rami.
Lo scultore è riuscito a fornire un intenso impatto visivo catturando il movimento, la trasformazione, l’appetito sessuale e il terrore.