Le donne del mio Vate – ☾XXXI☽🖋️

Questa serie di storie riflette il punto di vista della narratrice, Aélis, domestica innamorata di D’Annunzio e la sua opinione sulle varie amanti del Vate.

Cap. 6 – OLGA (1)

Fu a Venezia che il mio Gabriele conobbe Olga, soprannominata la “Venturina” per il colore dei suoi occhi che gli ricordava le “avventurine” dei vetri di Murano.
Abitavamo nella Casetta Rossa, insieme alla cuoca Albina e all’intendente Rossignoli. In casa c’erano anche alcuni animali di compagnia tra cui il cane Sva, un po’ selvaggio con le orecchie sempre ritte, e il gatto Miramar che si gonfiava tutto quando si spaventava o si arrabbiava, e soffiava assomigliando, secondo le parole del mio amato, a “una serpe irritata”.
In certi giorni la piccola casa straripava di visitatori, troppi, e Gabriele a volte fingeva di esserne irritato,

Era qui che, durante la guerra, rientrava nelle pause tra un’impresa e l’altra, pause in cui gli piaceva farsi coccolare nel lussuosi salotti veneziani. Qui dovetti assistere in silenzio alle sue frequenti e costose avventure amorose, che si diceva fossero non solo tollerate ma addirittura autorizzate dal governo. Ne ebbi conferma quando il mio Vate si infuriò perché venne a sapere che in Parlamento c’erano state a tal proposito aspre proteste da parte socialista.

Un giorno vidi perfino presentarsi a casa una donna che diceva di chiamarsi Lilia Maria Lilium, arrivata da Savona con il solo desiderio di incontrare il mio padrone. Voleva passare “un’ora mistica” con lui.
Chissà se fu accontentata! Chissà se ne fu estasiata!

Poi Gabriele ripartiva per le sue imprese di guerra e io rabbrividivo per l’audacia che dimostrava, ma poi mi calmavo pensando che la sua situazione era un po’ diversa da quella vissuta tragicamente sul campo e nel fango delle trincee da un qualunque soldato italiano. Mi dicevo che anche lui serviva la sua patria, solo in modo diverso. Le sue gesta venivano enfatizzate ed impiegate politicamente per ottenere consenso. E anche per costruire un’ideologia e una mitologia letterarie che offrivano una visione estetizzante e superomistica della politica. Magari un pochino mistificante.

Il 30 giugno del 1916 ci fu il primo incontro tra Gabriele e Olga Brunner, “per caso e per fato” come lui disse poi. Anche se ne rimase colpito, non me ne parlò subito, In seguito però seppi che era capitato a casa di amici comuni, dove entrambi si erano recati in visita. Seppi che la Brunner non era affatto felice di fare la conoscenza del mio soldato, essendo cresciuta in ambiente filo-austriaco, quindi nemico dell’Italia.
Era infatti originaria di Trieste, figlia di un industriale ebreo titolare di una banca privata e presidente della sezione triestina della Federazione degli industriali dell’Austria. Nella sua famiglia d’origine non si parlava che il tedesco.
Aveva conosciuto il marito, Ugo Levi, appartenente anche lui ad una famiglia di banchieri della borghesia ebraica veneziana, nella città lagunare dove lei era giunta come turista.
Ugo era un eccellente pianista e condivideva quella profonda passione per la musica con la moglie che, oltre che pianista, era un soprano di elegante sensibilità. Olga parlava francese, tedesco e inglese e per questo il mio Vate la chiamava “la poliglotta”. Insieme al marito teneva nel loro Palazzo Giustinian Lolin incontri musicali e letterari a cadenza settimanale. Organizzavano anche concerti per artisti giovani e promettenti per dar loro la possibilità di mettersi in vista.
Il loro tenore di vita era davvero lussuoso; so che avevano a servizio quattordici persone tra cuochi e camerieri e che possedevano una gondola privata con quattro gondolieri.
A volte il mio vate mi parlava di quel palazzo riccamente arredato, soffermandosi a decantare un bagno con una vasca in marmo comunicante direttamente con la camera da letto di Olga. Era quello che Gabriele usava quand’era ospite da loro a San Vidal e che insieme avevano soprannominato il “bagno di D’Annunzio”. Io restavo ad ascoltarlo, dimostrandomi entusiasta per le sue avventure e conquiste: era l’unico modo che conoscevo per tenermi vicina a lui.

These short stories reflect the point of view of the narrator, Aélis, D’Annunzio’s housemaid in love with him, and her opinion on the various mistresses of the “Vate”.

In Venice my Gabriele met Olga, nicknamed the “Venturina” for the colour of her eyes which reminded him of the “Aventurinas” of Murano glass.
We were living in the Casetta Rossa, the Red House, together with Albina, the cook, and Rossignoli, the administrator. In the house there were also some pets including the dog Sva, a bit wild whose ears were always pricked and the cat Miramar who swelled up when he got scared or angry, and growled and blew “like an angry snake”.
On certain days the little house was full of visitors, far too many, and Gabriele sometimes pretended to be irritated.
It was here that, during the war, he returned during the breaks between one campaign and another, periods when he liked to be pampered in the luxury of the Venetian salons. Here, in silence, I had to witness his frequent and costly love affairs which were said to be even authorized by the government. I had confirmation of it when my Poet became furious because he learned that there had been bitter protests from the socialist side in Parliament about this.

One day I even saw a stranger show up at the door: she said her name was Lilia Maria Lilium, and she had arrived from another distant Italian town with the sole desire to meet my Principal. I think she was looking forward to spending “a mystical hour” with him.
Who knows if this happened! Who knows if she was elated!

After these breaks, he set off again for his military exploits and I shuddered at the audacity he demonstrated, even though I sometimes thought that his situation was a little different from the one tragically experienced on the field and in the mud of the trenches by common Italian soldiers. But I told myself that he too served his country, only in a different way. His deeds were emphasized and used politically to gain consensus. And also to build an ideology and mythology capable of offering an aesthetic and superhumanist vision of politics, perhaps a little distorting.

On 30 June 1916, Gabriele and Olga Brunner met for the first time, “by chance and by fate” as he later said. Though he was impressed by her youth and beauty, he didn’t tell me about it right away. But I later learned that it had happened at a mutual friend’s house, where they both had dropped by. I also learned that the lady was not at all happy to get to know my Soldier, having grown up in a pro-Austrian environment, therefore an enemy of Italy.
She was from Trieste, the daughter of a Jewish businessman who owned a private bank, president of the Trieste section of the Austrian Industrial Federation, and in her family only German was spoken.
She had met her husband, Ugo Levi, who also belonged to a banking family of the Venetian Jewish upper middle class, in Venice, where she had arrived as a tourist
Ugo was an excellent pianist and shared that deep passion for music with his wife who, in addition to being a pianist, was a soprano. Olga spoke French, German and English and for this reason my Poet called her “the polyglot” . Their palace was a venue for weekly musical and literary dinners and the couple used to organize concerts for young artists to give them a chance to shine.
Their standard of living was truly luxurious; I know that they had fourteen servants, and that they owned a private gondola with four gondoliers.
Sometimes my Vate spoke to me about that richly furnished palazzo, and eulogised a bathroom with a marble bathtub communicating directly with Olga’s bedroom. It was the one that Gabriele used when he was their guest and that they nicknamed the “Bagno di D’Annunzio (D’Annunzio’s bathroom)”. I used to listen to him, demonstrating my enthusiasm for his adventures and conquests: it was the only way I knew to remain close to him.

Image: http://www.fondazionelevi.it/la-fondazione/storia/olga-brunner-1885-1961/

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