Cinque settimane nella vita di Antonia

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16 gennaio 1933

Che ne sarà di lei? Si sente “una cosa di nessuno”, desiderosa solo di seppellirsi nel “disperato sonno”: il suo Antonello si sta tirando indietro rendendo il suo amore un “vano donarsi”. Suo padre, l’autoritario avvocato Pozzi, avrà perciò vinto, lui che ha così tenacemente osteggiato il loro amore. E perché? Perché il suo amato è solo un insegnante, non è abbastanza benestante, ha tredici anni più di lei, o semplicemente perché è meridionale?
Proprio ora che avrebbe il modo per legarlo definitivamente a sé, superando ogni obiezione, colmando ogni divario di età. estrazione sociale e censo.
Se solo il suo ritardo fosse confermato!

24 gennaio 1933

Anche per questo mese deve organizzare la messinscena del secchio con gli assorbenti macchiati di sangue. Riuscirà ancora a ingannare la madre e le domestiche, non ha alcun dubbio. Quello che la mette in agitazione è il non sapere se lui ritroverà il coraggio di una volta. Riuscirà a capire che lei è “qual tronco sepolto/che per essere vivo/crea figli/ su dall’oscuro/grembo”? Amerà il suo ventre che è diventato fecondo e non sembra più “un cimitero” in cui è inutile “voler seminare/del grano”?

31 gennaio 1933

“Guardami, sono nuda” gli aveva gridato. E l’aveva conquistato. Ora avrebbe bisogno di sentirsi ancora avvolta nello sguardo dei suoi “occhi di puro vetro azzurro”, stretta tra le sue forti braccia senza doverlo implorare “afferrami alla vita, uomo”. E vorrebbe mostrargli anche il “suo bambino finto”, quel bambolotto di celluloide simile a un neonato, su cui ha già misurato un “vestitino/ all’uncinetto, con la lana bianca”
Ma lui non c’è e lei è disperata. E combattuta: ora è esaltata all’idea di avere quel figlio, ora desidera sbarazzarsene. Di una sola cosa è certa: desidera con tutta se stessa che lui, Antonello, lo voglia ancora, che ritorni, che si sbarazzi di ogni titubanza e di quel ridicolo terrore di fronte al suo rigido padre.

1° febbraio 1933

È quasi certa della sua gravidanza, e ne è elettrizzata, perché sarà stupendo essere “una mamma piccola giovane/che perfino arrossisce/se un passante le dice/che il suo bambino è bello”.
Ma subito dopo ne è terrorizzata, perché forse sarà una tragedia. Come lo è il pensiero di dover affrontare i suoi. Lei che ha sempre ammaestrato le parole non riesce a trovare quelle giuste per rendere meno scabroso lo scandalo che ne deriverà. Nulla al confronto dei pettegolezzi suscitati dalla scoperta del suo soggiorno a Londra con Antonio!

2 febbraio 1933

Si è svegliata euforica, esaltata dalla prospettiva di una futura vita di coppia:
“E quando sarà nato/tu aprirai la finestra/perché possiamo vedere/… tutta l’alba fiorire/nel nostro cielo. / Ed egli dormirà –/piccino –/nella sua culla bianca”
Dopo il lugubre pranzo in famiglia, in un silenzio interrotto solo dal tintinnio delle stoviglie, va a coricarsi. Forse un breve riposo l’aiuterà a placare l’agitazione e a decidere su come intavolare il discorso con i suoi. Deve assolutamente informarli e si dà un ultimatum: ne parlerà entro le sei, non oltre.
Alle quattro, però, la “vita sognata” svanisce in un grumo di sangue che lascia sulle lenzuola “papaveri fiammeggianti”. La scoperta le provoca dapprima un penoso sollievo: non dovrà più lottare contro perbenismo ipocrita che la soffoca.
Poco dopo, però, la tragedia di quella maternità negata la precipita nella disperazione.
Tutto è svanito: ciò che sembrava “luce è un abbaglio”. Lei è finita. Non avrà più quel figlio con i suoi occhi. Non avrà più nessun figlio. Glielo griderà che vorrebbe “squarciar(si)/con le mani il grembo/prima di dar vita/ad un figli/non (suo).” Allora lui avrà pietà?
Gli dirà anche che aveva già dato un nome a quella “creatura già nata nel cuore”: Annunzio, come il fratello di Antonello morto in guerra.
“Annunzio/ saresti stato/di quel che non fummo, di quello che fummo/ e non siamo più. // …. Ma sei rimasto laggiù, / con i morti, / con i non nati, / colle acque/ sepolte /…. non occupa ora terra/ ma solo/ cuore/ la tua invisibile/ bara”
Forse allora lui capirà la profondità del suo amore.

14 febbraio 1933

È san Valentino, ma non per lei.
“Non c’è nessuno che vende / i fiori / per questa strada maledetta?”
Nessun bocciolo, neppure una “corolla dolente” da Antonio Cervi che si è dileguato.
Dalla finestra della sua stanza lancia un altro sguardo mesto verso Porta Magenta, e la strada ora le sembra meno funerea perché si è colorata di un gruppo di giovani. Ne riconosce alcuni. Soprattutto quella testa piena di riccioli scuri un po’ ribelli e quegli occhi castani. Sì, frequentavano lo stesso liceo. Lui alza quello sguardo color sottobosco e incontra il suo, scuro, pieno di dolore. Le sorride. E lei sente qualcosa, forse è la sua anima, che “si spalanca/con le pupille/in un balzo di vita”

21 febbraio 1933

È uscita con lui. Forse, lei, “una nave che cerca/per tutte le rive/un approdo” sta imparando a ritrovare “la sua scia … dentro tutte le onde”.
Forse comincerà a vivere quella vita lieve che non ha mai sperimentato, imparerà a lasciare la riva e a veleggiare nell’”acqua in cammino”, volteggiando leggera come “le estreme foglie/dei pioppi, che s’accendono di sole/in cima ai tronchi fasciati di nebbia “
Forse potrà finalmente cominciare a essere giovane e vivere spensierata la “fiaba/del tempo d’amore”

(L.Z.)

Ho scritto questo racconto tempo fa in tributo alla grande poetessa ANTONIA POZZI, nata nel 1912, che si suicidò, a soli ventisei anni, il 3 dicembre 1938. Ovviamente è una mia invenzione, anche se mi sono basata sui suoi appunti, sulle lettere e soprattutto sui suoi versi di quei giorni, citati in corsivo.

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65 thoughts on “Cinque settimane nella vita di Antonia

  1. Hai interrotto questo dolce e malinconico racconto quando hai acceso un briciolo di speranza. Hai avvertito – è vero che Antonia si è suicidata, ma la speranza “di Bene” “tesoro di tutti gli umani” (come la definisce la Pozzi) ci lascia illudere che quella fine tragica non si sia avverata. E mi dispiace dal più profondo del cuore, che lei non abbia mai saputo che dopo la sua morte sia tornata a vivere nei suoi versi.

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      1. Certamente ci sono più in cielo e in terra che nella filosofia. In cielo miliardi di stelle e mondi sconosciuti. In terra, Luisa, basta la mente dell’uomo per rappresentare quanto di più sconosciuto si possa immaginare. Tutto il resto è solo un’ipotesi se non vogliamo chiamarla illusione.

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  2. L’hai scritta così bene che mi ha preso il cuore. Anni fa ho subito un aborto spontaneo. Quella creatura era tanto desiderata, avevo già scelto il nome…. proprio come la protagonista del tuo racconto. Hai saputo cogliere il dolore che si prova in una tale perdita.

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  3. ciao Luisa semplicemente meraviglioso. Grazie per tutto ciò che fai e pubblichi. Ti seguo con passione. Ti abbraccio Adalgisa

    Da: “words and music and stories” A: adalgisa@email.it Inviato: Venerdì, 4 dicembre 2020 15:41:52 Oggetto: [New post] Cinque settimane nella vita di Antonia

    luisa zambrotta posted: ” 16 gennaio 1933 Che ne sarà di lei? Si sente “una cosa di nessuno”, desiderosa solo di seppellirsi nel “disperato sonno”: il suo Antonello si sta tirando indietro rendendo il suo amore un “vano donarsi”. Suo padre, l’autoritario avvocato Pozzi, av”

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    1. Sono così felice di sapere che il racconto ti è piaciuto. Sai che quando pubblico un nuovo post, penso sempre a te perché se che lo leggerai! Ti abbraccio con tanto affetto, nell’attesa di poterlo fare di persona in tempi più sereni😘😘😘😘😘

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