Le donne del mio Vate – ☾XXVIII☽🖋️

Cap. 5 – NATHALIE (7)

Nel luglio del 1911 arrivai ad Arcachon in compagnia del mio Vate, in qualità di guardarobiera, dopo aver superato quella sua ispezione a Parigi, mentre Nathalie de Goloubeff era accompagnata dalla sua cameriera personale.

La casa presa in affitto da Gabriél, come veniva chiamato dai francesi, era lo chalet (il nome che si dava ai palazzi e alle case) Saint Dominique
La villa disponeva anche di una piccola spiaggia sul retro su cui mon Maître trascorreva gran parte della giornata, tanto da venir definito dandy abbronzato, in contrasto con la moda che voleva i letterati del tempo pallidi ed emaciati.

Passai i primissimi giorni intenta ad ambientarmi e capire quali fossero le mie mansioni, anche se avevo già alle spalle una discreta carriera di guardarobiera presso un impresario teatrale.
Non so se avessi già imparato a svolgere in modo soddisfacente tutti i miei compiti, quando per la prima volta il mio Vate sembrò rendersi conto della mia presenza fisica e mi rivolse le sue attenzioni. Lo stavo aiutando a vestirsi per una cavalcata, quando mi accorsi della sua eccitazione e dovetti sottostare alla sua irruenza. E poi un’altra volta al suo ritorno e un’altra ancora durante la notte. Donatella in quel momento non era presente perché era andata a Parigi con il suo levriero preferito.
Rimasi colpita dalla delicatezza quasi femminile del suo colpo, e dei mille fazzoletti profumati che spargeva sul letto. Mi sembrava un’abitudine eccentrica, ma forse era solo esotica!

Il giorno dopo, quando Nathalie ritornò, intravidi che anche lei veniva fatta coricare sul letto pieno di fazzoletti profumati.
Non pensavo che ne avrei sofferto così tanto. Che fare? Non potevo mettermi a competere con l’amante del padrone, allora ricorsi all’unica piccola soddisfazione che potessi prendermi: disturbarli un po’. Mi misi a fischiettare sonoramente e a sbattere le porte e presi a farlo ogni volta che quei due si chiudevano là dentro, con grande disappunto di Donatella che però mai pensò che io potessi essere gelosa. Una povera domestica non poteva essere presa in gran considerazione da una a cui Rodin aveva dedicato un busto di marmo e uno di bronzo: la sua nemica era solo Romaine Brooks.

Mentre eravamo in Francia D’Annunzio iniziò anche a collaborare con il “Corriere della sera”, dove pubblicò le prime “Faville del maglio” e un nuovo romanzo a puntate, “La Leda senza cigno”.
Scrisse inoltre la tragedia lirica “La Parisina”, musicata da Mascagni, e alcune sceneggiature cinematografiche, tra cui quella per “Cabiria”. Questo film muto diretto da Giovanni Pastrone narrava le vicende di una fanciulla durante la seconda guerra punica, e il Poeta ne scrisse le didascalie riuscendo a conferire alla storia una nobiltà che forse altrimenti sarebbe stata assente
Fu lui che inventò il nome “Cabiria“, cioè “nata dal fuoco”, per la protagonista, la povera giovane che insieme ad altri fanciulli doveva essere sacrificata al dio Moloch, e a volerlo come titolo della pellicola. L’incarico gli fruttò ben 50.000 lire e alcuni dicono che venne accettato solo per ripianare parte dei suoi debiti.
Intanto il legame che lo univa a Donatella era sempre meno forte, sebbene i due mi sembrassero piuttosto simili. Anche lei era alquanto eccentrica ed era difficile stabilire chi dei due in quel periodo fosse il più esibizionista, il più matto.
Ho saputo che Nathalie lo aveva spiegato all’amico pittore belga Van de Velde, quando parlandogli del Vate gli aveva detto: “Sì, matto di sesso e di belle donne, profumato e virile come pochi”. Si era sentita in dovere di fare quella dichiarazione perché il pittore, vedendolo sempre così azzimato e profumato, diceva che D’Annunzio era l’immagine “di un omosessuale non del supermaschio” e lo accusava di essere “matto di sesso, oltre l’immaginabile ed il tollerabile in pubblico”. Questo addirittura lo spingeva a provare “repulsione fisica nel vederlo in continuo stato di tensione erotica”.

“La Leda senza cigno”, cioè il lungo racconto pubblicato a puntate nell’estate del 1913 sul “Corriere della sera” era la storia di una giovane donna, delle sue illusioni e delusioni, della sua rinuncia a sogni e aspirazioni, fino a concludersi con il suo suicidio. Qui sembra che Gabriele abbia descritto la sua Nathalie come “una di quelle dolci e noiose creature che, all’incontro della giovanile visione di Dante, si ostinano di tener senza fine su le braccia il loro amore esanime … per non potersi mai risolvere a seppellirlo, e si sforzano di farci mangiare per ingegno il loro caro cuore che pur non arde”.

Continua

In July 1911 I arrived at Arcachon together with my Vate, as his housekeeper, or better, his wardrobe mistress, having passed his inspection in Paris, while Nathalie de Goloubeff was accompanied by her personal maid.

The house rented by Gabriél, as he was called by the French, was the chalet (the name given to palaces and houses) Saint Dominique
The villa also had a small beach at the back where non Maître spent most of the day, so much so that he was defined as a tanned dandy, in contrast with the fashion that wanted men of letters to be pale and emaciated at the time.

I spent the first few days trying to settle in and figure out what my duties were, even though I already had a decent career as a wardrobe attendant for a theatre manager.
I don’t know if I had already learned to carry out all my tasks satisfactorily, when for the first time my Poet seemed to be aware of my physical presence and turned his attentions to me. I was helping him get dressed for a ride when I noticed his excitement and had to submit to his vehemence. And after that once more when he came back and one more time during the night. Donatella was not present at that moment because she had gone to Paris with her favourite greyhound.
I was struck by the almost feminine delicacy of his caresses, and by the thousand perfumed handkerchiefs he spread on his bed. I thought that was an eccentric habit, but maybe it was just exotic!

The next day, when Nathalie returned, I perceived that she too was being made to lie down on the bed full of scented handkerchiefs.
I never imagined I would suffer so much. What could I do? I couldn’t compete with my master’s lover, so I resorted to the only small satisfaction I could get: to disturb them. Therefore I started whistling loudly and slamming doors. I did it every time those two locked themselves in there, to the great disappointment of Donatella who, however, never thought I could be jealous. I wasn’t taken into consideration by a lady to whom Rodin had dedicated a marble and a bronze bust: her enemy was only Romaine Brooks.

While we were in France, D’Annunzio began to collaborate with the “Corriere della sera (The Evening Courier)”, where he published “Le faville del maglio (The Sparks of the Mallet) “, and a new serialized novel, “La Leda senza cigno (Leda Without Swan)”.
He also wrote the lyrical tragedy “La Parisina”, set to music by Mascagni, and some film scripts, including that for “Cabiria”. This silent film directed by Giovanni Pastrone narrated the story of a girl during the Second Punic War, and the Poet wrote the captions managing to give the story a nobility that perhaps otherwise would have been absent
It was he who invented the name “Cabiria”, that is “born from fire”, for the protagonist, the poor young girl who, together with other children, was to be sacrificed to the god Moloch. He even wanted it as the title of the film. He earned 50,000 lire with that work and some say he accepted it only to pay off part of his debts.
Meanwhile, the bond that united him to Donatella was getting weaker and weaker, even if the two seemed quite similar to me. Like him, she was somewhat eccentric and it was difficult to establish which of the two was the more exhibitionist, the crazier.
I heard that Nathalie had explained this to her friend, the Belgian painter Van de Velde, when speaking to him about the poet, she said to him: “Yes, he is crazy about sex and beautiful women, perfumed and virile like few others”. She had felt compelled to make that statement because the painter, seeing him always decked out and scented, said that D’Annunzio was the image “of a homosexual, not of the supermale“. He added that “he was crazy about sex, beyond imaginable and the tolerable in public”, which provoked his “physical revulsion at seeing him in a constant state of erotic tension”.

“La Leda senza cigno”, the long story published in instalments in the “Corriere della sera” in the summer of 1913, was the story of a young woman, of her illusions and disappointments, of her giving up on her dreams and ambitions, until it ends in her suicide. Here he seems to describe his Nathalie as “one of those sweet and boring creatures who, upon encountering Dante’s youthful vision, persist in endlessly holding up their lifeless love in their arms … so as never to be able to resolve to bury it, and who try hard to make us eat their dear heart which does not burn”.

To be continued

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