Le donne del mio Vate – ☾ CVI ☽ 🖋️

Cap 15.  L’ultimo D’Annunzio: L’Oro alla Patria   (3)

Nonostante la breve indecisione iniziale, mon Maître sostenne pienamente la guerra d’Etiopia.
Come sapete, durante il regime fascista Gabriele, in questa specie di esilio al Vittoriale, ebbe alcuni momenti di frizione con il Duce, ma gli si avvicinò in occasione di quella guerra.
L’invasione dell’Etiopia, uno Stato libero, e governato da un Negus, iniziò il 3 ottobre 1935. L’imperatore era Hailé Selassié e si diceva che fosse l’erede della dinastia che ebbe origine dal re Salomone e dalla regina di Saba.
La guerra si concluse con la vittoria italiana e la proclamazione dell’impero nel 1936, celebrato dall’altisonante annuncio di Benito Mussolini agli italiani del ritorno dell’impero sui “colli eterni di Roma”.

Questa guerra risvegliò in Gabriele il suo antico furore nazionalista e uno dei suoi rari soprassalti emotivi verso il regime.
Comprese che la conquista d’Etiopia era il principio d’una nuova storia, l’era dell’Impero: so che inviò a Mussolini queste parole di elogio: “La tua conquistatrice e divoratrice corsa equestre è di là da ogni impresa d’Oltremare…Tu hai disegnato, col tuo cavallo, l’estremo confine della tua conquista africana”

Tuttavia, quando il Duce aggredì l’Etiopia, la Società delle Nazioni non restò con le mani in mano e cercò di fermare quell’espansionismo imponendo delle sanzioni economiche, che la propaganda fascista definì le “inique sanzioni” e che rimasero in vigore sino al luglio del 1936.

Come potete immaginare, la deliberazione delle sanzioni fece esplodere il risentimento dei cittadini italiani contro la Società delle Nazioni e provocò la mobilitazione interna. So che si cominciarono a raccogliere metalli utili per la causa bellica e che ci fu anche l’iniziativa denominata “Oro alla Patria”, durante la quale gli italiani furono chiamati a donare il proprio oro allo Stato per sostenere i costi della guerra e far fronte alle difficoltà delle sanzioni.
Il 18 dicembre 1935, in una giornata fredda e piovosa, gli italiani donarono alla patria i loro anelli nuziali ricevendo in cambio una fede di acciaio che portava stampigliata la dicitura: “ORO ALLA PATRIA”.
I giornali scrissero che “Nell’Italia di Mussolini il metallo nobile è l’acciaio”.

Fu regalato di tutto: sia oggetti preziosi che oggetti di poco conto, con storie strappalacrime come quella di un bambino che scrisse: “Per il Duce Mussolini darei tutto, fino anche il sangue e il mio orologino d’oro”.

Il 7 dicembre del 1935, “nell’ora delle inique sanzioni”, anche il mio Gabriele inviò a Mussolini la sua vera e una cassa d’oro, ferro e bronzo, accompagnando l’offerta con la frase latina “Non dolet”–
Quando gli chiesi che cosa significasse, mi spiegò che faceva riferimento alla storia di un’eroina dell’antica Roma di nome Arria.

continua

Despite his brief initial indecision, Mon Maître fully supported the Ethiopian war.
As you know, during the fascist regime Gabriele, in this sort of exile at the Vittoriale, had some conflicts with the Duce, but he became close to him during that war.
The invasion of Ethiopia, a free state, and governed by a Negus, began on 3 October1935. The emperor was Haile Selassie and was said to be the heir to the dynasty that originated with King Solomon and the Queen of Sheba .
The war ended with the Italian victory and the proclamation of the empire in 1936, celebrated by Benito Mussolini’s resounding announcement to the Italians of the return of the empire to the “eternal hills of Rome”.

This war revived in Gabriele his ancient nationalist frenzy and one of his rare emotional outbursts in favour of the regime.
He understood that the conquest of Ethiopia was the beginning of the era of the Empire: I know that he sent these words of praise to Mussolini: “Your conquering and devouring equestrian race is beyond any overseas enterprise …You have drawn, with your horse, the extreme border of your African conquest”

However, when the Duce attacked Ethiopia, the League of Nations did not remain idle and tried to stop that expansionism by imposing economic sanctions, which fascist propaganda defined as “unjust sanctions” and which remained in force until July 1936.

As you can imagine, the sanctions resolution exploded the resentment of Italian citizens against the League of Nations and caused internal mobilization. I know that useful metals began to be collected for the war cause and that there was also the initiative called “Gold to the Homeland”, during which Italians were called to donate their gold to the State to support the costs of the war and cope with the difficulties of sanctions.
On 18 December 1935, on a cold and rainy day, the Italians donated their wedding rings to their motherland, receiving in exchange a steel wedding ring stamped with the words: “GOLD TO THE HOMELAND”.
The newspapers wrote that “In Mussolini’s Italy the noble metal is steel”.

Everything was given: both precious and trivial objects, with heartbreaking stories like that of a child who wrote: “For Duce Mussolini I would give everything, even my blood and my gold watch.”

On 7 December 1935, “in the hour of unjust sanctions”, my Gabriele also sent Mussolini his ring and a chest of gold, iron and bronze, accompanying the offer with the Latin phrase “Non dolet”.
When I asked him what it meant, he explained that it referred to the story of an ancient Roman heroine named Arria.

to be continued