Le donne del mio Vate – ☾ CVII ☽ 🖋️

Cap 15. L’ultimo D’Annunzio: Arria e Peto (4)

Quando anche il mio Gabriele, come tutti gli Italiani, inviò a Mussolini la sua vera e una cassa d’oro, ferro e bronzo, accompagnò l’offerta con la frase latina “Non dolet”.
Mi spiegò che faceva riferimento alla storia di un’eroina dell’antica Roma di nome Arria.

La matrona Arria Maggiore era la moglie devotissima del console e senatore Cecina Peto, e che la loro storia non è una leggenda ma viene citata nelle lettere di Plinio il Giovane, e anche da Tacito.
Plinio racconta che quando sia il marito che il figlio di Arria furono colpiti da una grave malattia che uccise il ragazzo, Arria, temendo che la morte del giovane potesse togliere a Peto la voglia di guarire, decise di nascondergli la notizia. Così organizzò da sola il funerale, dicendo nel frattempo al marito che il loro figlio stava migliorando, ma che non poteva ancora alzarsi dal letto. In presenza del marito, quando l’emozione era troppo forte, ella usciva e “cedeva al dolore” e rientrava solo quando il suo animo si era calmato.
Così il console riuscì a rimettersi. Tuttavia le traversie della coppia non terminarono con questo tragico avvenimento.

Dopo il fallimento di una rivolta in Dalmazia contro l’imperatore Claudio nel 42 d. C. , Peto, che vi era coinvolto, fu fatto prigioniero e imbarcato per essere condotto a Roma dove doveva essere giudicato.
Arria implorò i soldati di lasciarla salpare con il marito, almeno come sua schiava, ma le venne impedito di salire sulla nave.
Allora noleggiò una piccola barca da pesca e seguì la nave fino a destinazione.
A Roma, poco prima della condanna, la coraggiosa matrona prese una grave decisione: convincere Peto a prevenire il verdetto di colpevolezza e la condanna a morte con il suicidio.
Vedendolo esitante, Arria prese il pugnale e se lo infisse in petto. Poi lo estrasse e glielo restituì dicendo: “Paete, non dolet!” (“Peto, non fa male”).
Peto, folgorato dall’esempio della moglie, decise allora di imitarla e togliersi la vita.

Questo fatto è citato anche in un epigramma di Marziale:

Casta suo gladium cum traderet Arria Paeto,
Quem de uisceribus strinxerat ipsa suis,
“Si qua fides, uulnus quod feci non dolet”, inquit,
“Sed tu quod facies, hoc mihi, Paete, dolet”.

Quando la casta Arria consegnò la spada a Peto,
Che lei stessa aveva estratto dalle proprie viscere
“Se merito fede, la ferita che ho fatto non fa male”, disse.
“Ma quello che farai tu, Peto, questa sì che mi fa male.”

continua

When my Gabriele, like all Italians, sent Mussolini his ring and a chest of gold, iron and bronze, he accompanied the offer with the Latin phrase “Non dolet”.
He explained to me that it was referring to the story of an ancient Roman heroine named Arria.

Arria (also Arria Major) was the very devoted wife of the consul and senator Caecina Paetus, and that their story is not a legend but is recorded in the letters of Pliny the Younger, and also by Tacitus.
Pliny says that when both Arria’s husband and son were struck by a serious illness that killed the boy, Arria, fearing that their son’s death might take away Peto’s desire to recover, decided to hide the news from him. So she organized his funeral on her own, telling her husband in the meantime that the boy was getting better, but that he still couldn’t get out of bed. In her husband’s presence, when her emotion was too strong, she went out of the room and “gave herself to sorrow” and returned only when her soul had calmed down.
Thus the consul managed to heal. However, the couple’s ordeals did not end with that tragic event.

After the failure of a rebellion in Dalmatia against the emperor Claudius in AD 42 Caecina, who was involved, was imprisoned and put on board a vessel to be taken to Rome where he was to be judged.
Arria begged the captain of the ship to allow her to join him on board, at least as a slave, but she was prevented from boarding the ship.
Therefore she rented a small fishing boat and followed the great ship all the way to its destination.
In Rome, shortly before the sentencing, the courageous matron made a serious decision: convince Paetus to prevent the death sentence by suicide.
Seeing him hesitate, Arria took the dagger and stuck it in her chest. She then took it out of her heart and handed it to her husband, saying: “Paete, non dolet!” (“Paetus, it doesn’t hurt”).
Peto was struck by his wife’s example and decided to imitate her.

She is the subject of one of Marcus Valerius Martialis’ epigrams.

Casta suo gladium cum traderet Arria Paeto,
Quem de uisceribus strinxerat ipsa suis,
“Si qua fides, uulnus quod feci non dolet”, inquit,
“Sed tu quod facies, hoc mihi, Paete, dolet”.

When the chaste Arria handed over her sword to Paetus,
Which she herself had with her own hand drawn forth from her heart,
“If you believe me, the wound that I have made does not hurt,” she said.
“But what you will do, Peatus, this hurts me.”

to be continued

Image: Dante Gabriel Rossetti – Two Lovers (1850)