Le donne del mio Vate – ☾ CXVI ☽ 🖋️

Cap 16.  Chi era Aélis /Amélie? (1)

In questa ultima  sezione vengono date alcune informazioni su chi fu Aélis, la mia narratrice

Nel 1911 il grande seduttore Gabriele D’Annunzio si era sistemato a Parigi, come al solito a carico di una donna benestante. Questa volta si trattava della ricca contessa russa, francese d’adozione, Nathalie de Goloubeff.
Il ruolo di mantenuto gli permetteva di dedicarsi serenamente al suo lavoro, senza l’assillo dei creditori. Nathalie, da parte sua, andava pazza per quell’italiano “matto di sesso e di belle donne, profumato e virile come pochi”. Quando però le sue risorse economiche si prosciugarono in seguito alla rivoluzione bolscevica, lui se ne andò, lasciandola sola e disperata . Ma tenne con sé la domestica che aveva assunto in quel periodo, Amélie Mazoyer, figlia di contadini della Borgogna.

La prima volta che vide Marie Julienne Emilie (o Amelie) Mazoyer fu perché ara stata convocata al suo cospetto dal segretario Tom Antongini. Era il 26 giugno e quando la ventiquattrenne Amélie giunse all’Hotel d’Iéna, situato nel 16° arrondissement, e salì al quarto piano era così emozionata e impacciata davanti al Poeta , che riuscì a malapena a pronunciare qualche parola. Lui, di prim’acchito giudicò quella ragazza pallida e timida, che arrossiva con grande facilità, “bruttina assai”, e le fece regalare dal segretario Tom Antongini del denaro per procurarsi dei vestiti migliori.

Anzi, nell’intento di farla vestire decentemente, cominciò a sottoporla a estenuanti prove di abiti, cosa che lei accettò di buon grado, dimostrando fin dall’inizio un carattere molto remissivo. Forse era già consapevole che il primo livello del proprio apprendistato consisteva proprio nella capacità di adeguarsi ai desideri del padrone.

Ci fu una cosa che lo colpì in modo favorevole, il suo sguardo penetrante, che era stato anche elogiato dall’impresario teatrale Maurice Schurmann presso il quale aveva lavorato come guardarobiera e che era amico del Poeta. Questo aveva infatti scritto una lettera di presentazione, in cui confessava anche di sentirsi costretto a liberarsi della sua domestica perché pur essendo onesta e lavoratrice la sua presenza turbava i sonni di suo figlio quindicenne.

Dall’Hôtel D’Iéna di Parigi il Vate era stato anche spesso costretto a scrivere a Rocco Pesce, il suo fidato stalliere abruzzese a Settignano. Era quello che sospettava fosse il padre del bambino avuto da Maria Gravina Cruyllas principessa di Ramacca e moglie del conte Anguissola di San Damiano, dopo la nascita della figlia Renata. Questo maschietto non fu mai legittimato perché
D’Annunzio sosteneva che non fosse suo, bensì figlio dello stalliere al quale quell’ “erotica ninfomane solo assetata di sesso” si era concessa.
Probabilmente il mancato riconoscimento era dovuto solo a motivi di convenienza: cioè evitare un secondo processo per adulterio, oppure all’ intenzione già maturata di lasciare Maria. Oramai pensava che gli stesse rendendo la vita impossibile e la definiva “una inferma, quasi folle, che passa il suo tempo a torturarmi con una incosciente ferocia”.

In quelle tristi lettere il Poeta faceva cenno all’intenzione di spedire almeno una parte della somma necessaria a coprire i debiti lasciati in Italia. Fino a quella scritta prima di partire per Aranchon in cui gli comunicava che purtroppo: “l’interdizione dell’Arcivescovo ha molto nociuto alla riuscita del San Sebastiano … Parto stasera per Arcachon, non potendo ancora tornare in Italia”.
Si informava poi se la sua Villa di Marina fosse stata spogliata dai creditori come era capitato alla Capponcina : “Desidero sapere se i tappeti, le stoffe, e quei pochi oggetti rimasti, sono ancora liberi, o se sono stati portati via. E la biancheria? e l’argenteria? Io ad Arcachon non ho nulla, e sono costretto a prendere a nolo la biancheria (orribile) e le posate”.

Quando la condusse nella villa di Arcachon, Amélie scoprì un’altra enorme fortuna: aveva a disposizione una intera camera da letto che non era obbligata a condividere con nessun altro membro della servitù.
Anche se l’atteggiamento remissivo della ragazza rappresentava una specie di garanzia della futura fedeltà e soprattutto complicità, all’inizio era ancora giovane e inesperta, tanto da non riuscire subito a cogliere gli indizi di ciò che le si richiedeva, a partire da, come disse lei, quegli “innumerevoli fazzoletti trovati nel letto, senza avere la minima idea del loro uso.”
Anche quando Gabriele le regalò dei guanti per massaggi, delle creme e degli unguenti profumati. lei non capì immediatamente a cosa sarebbero serviti. Allora il Maestro le chiarì in modo inequivocabile quali erano i servigi che si pretendevano da lei, concludendo con una domanda a metà strada tra lo scherzoso e il minaccioso: “Non sapete che io sono un dio, e che tutti debbono ubbidirmi? Non mi obbligate a salire per cercarvi “
E lei si arrese: non voleva essere posseduta, ma ancor di più non voleva essere allontanata. Pertanto quella sera, quando tutti furono a letto, si preparò e scese da lui.

continua

Who was Aélis /Amélie?

In this last section some information is given about Aélis, my narrator

In 1911 the great seducer Gabriele D’Annunzio had settled in Paris, as usual in the care of a wealthy woman. This time it was Nathalie de Goloubeff a rich Russian countess, French by adoption.
His role as a kept man allowed him to peacefully dedicate himself to his work, without being pestered by his creditors. Nathalie, on her part, was very enthusiastically fond of that Italian “crazy about sex and beautiful women, perfumed and virile like few others”. However, when her economic resources dried up, following the Bolshevik revolution, he went away, leaving her alone and desperate. But he kept with him the maid he had hired at that time, Amélie Mazoyer, daughter of peasants from Burgundy.

The first time he saw Marie Julienne Emilie ( or Amélie) Mazoyer was because she had been summoned before him by his secretary Tom Antongini. It was June 26th: twenty-four year old Amélie arrived at the Hotel d’Iéna, located in the 16th arrondissement, and went up to the fourth floor. She was so excited and embarrassed in front of the Poet that she could barely utter a word. At first glance, he judged that pale and shy girl, who blushed very easily, to be “really ugly”, and had his secretary Tom Antongini give her some money so that she could go and buy better clothes.

Indeed, with the aim of making her dress decently, he started to subject her to exhausting dress fittings, which she willingly accepted, demonstrating a very submissive character from the beginning. Perhaps she was already aware that the first level of her apprenticeship consisted precisely in the ability to adapt to the wishes of her master.

There was one thing that struck him favourably, her penetrating gaze, which had also been praised by the theatre impresario Maurice Schurmann for whom she had worked as a cloakroom attendant and who was a friend of the Poet. He had in fact written a letter of introduction, in which he also confessed that he felt forced to get rid of that maid because, despite being honest and hardworking, her presence disturbed the sleep and dreams of his fifteen-year-old son.

From the Hôtel D’Iéna in Paris, the Poet had often been compelled to write to Rocco Pesce, his trusted Abruzzese stableman in Settignano. He was the one suspected to be the father of the child Maria Gravina Cruyllas, princess of Ramacca, and wife of Count Anguissola di San Damiano, had after the birth of their daughter Renata. This little boy was never legitimized because D’Annunzio claimed he wasn’t his own, but rather the son of the stableman to whom that “erotic nymphomaniac only thirsty for sex” had given herself. Probably the lack of acknowledgment was merely due to convenience reasons: to avoid a second trial for adultery, or perhaps due to the already matured intention of leaving Maria. He now thought she was making his life impossible and described her as “a sick woman, almost insane, who spends her time torturing me with unconscious ferocity.“

In those sorrowful letters, the Poet hinted at the intention of sending at least a part of the sum necessary to cover the debts left in Italy. Up until that letter before leaving for Arcachon in which he had to communicate that unfortunately: “the Archbishop’s interdiction has greatly harmed the success of San Sebastiano… I’m leaving leave tonight for Arcachon, as I cannot yet return to Italy.”
He then inquired whether his Villa at Marina had been despoiled by his creditors as had happened to Capponcina: “I want to know if the carpets, fabrics, and those few remaining items are still there, or if they have been taken away. And the linens? And the silverware? I have nothing in Arcachon, and I am forced to rent the (horrible) linens and cutlery.”

When he took her to the Arcachon villa, Amélie discovered another enormous fortune: she had an entire bedroom at her disposal. For the first time she was not obliged to share it with any other servants.
Even if the girl’s submissive attitude represented a sort of assurance of future fidelity and, above all, complicity, in the beginning she was so young and inexperienced that she was not immediately able to grasp the clues he implied about what was required of her, starting from, as she said, those “countless handkerchiefs found in the bed, without having the slightest idea of their use.”
Even when Gabriele gave her a pair of massage gloves, creams and scented ointments. she didn’t immediately recognise what they would be used for. Thus the Master made it clear to her unequivocally what services were required of her, concluding with a question halfway between joking and threatening: “Don’t you know that I am a god, and that everyone must obey me? Don’t force me to come up and look for you.“
And she surrendered: she didn’t want him to have sex with her, but even more so she didn’t want to be sent away. So that evening, when everyone was in bed, she got ready and went down to his room.

to be continued

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