Cartesio va a morire (1)

E’ la notte tra il dieci e l’undici febbraio 1650 e René Descartes, di poco più di 53 anni, si rende conto di essere in punto di morte.

Ma perché era andato a buttarsi in quel paese ghiacciato, in quel covo di luterani invidiosi e di cattolici estremisti, in un inverno così rigido che si diceva fosse il più gelido mai ricordato a memoria d’uomo?

Qualche mese prima, mentre era nei Paesi Bassi, dove si era rifugiato per sfuggire all’ accanimento dei filosofi scolastici, era stato raggiunto dall’invito della regina Cristina di Svezia che lo voleva a corte come mentore e docente di filosofia.
Era da qualche anno che aveva intrapreso una corrispondenza con lei, nell’intento di aiutarla, attraverso il dubbio metodico, a ricercare la verità, basata sull’evidenza. In tal modo la regnante avrebbe imparato a sviluppare ragione, volontà e buon uso del libero arbitrio.

Cristina era poco più che ventenne, una donna altera e anticonformista, educata in modo virile, incurante del proprio aspetto fisico, contraria al matrimonio perché riteneva che non fosse compatibile con l’amore. Appassionata di politica, di scienze e di filosofia si era dimostrata molto interessata alla sue idee e gli aveva espresso la volontà di trasformare Stoccolma nell’Atene del nord.
Nonostante i sui inviti che diventavano sempre più pressanti, in filosofo aveva esitato, restio a intraprendere quella spedizione nel gelido Nord, che considerava il paese del gelo e degli orsi. Aveva anche pensato a quella corte piena di scienziati luterani da cui sarebbe stato sicuramente contestato e alle inevitabili invidie di cui sarebbe stato oggetto. Quale sarebbe stata la reazione al fatto che la giovane regina di un paese protestante ricevesse la sua istruzione da un cattolico?
Dubbi che non erano assolutamente plausibili o condivisibili, sosteneva con forza il suo amico Chanut, ambasciatore di Francia a Stoccolma, che forse sperava di servirsi di lui per cementare l’alleanza tra la Francia e la Svezia.

A fine estate del 1649 Cartesio si era visto quasi costretto a intraprendere quel viaggio, non potendo rifiutare l’invito di un ammiraglio della flotta reale svedese che si era presentato alla sua porta per trasportarlo a Stoccolma.
Quindi dovette partire per Amsterdam, dove si sarebbe imbarcato sulla nave che, dopo un difficile viaggio per nave, durato circa un mese per le avverse condizioni del tempo, lo portò a destinazione.

Sbarcò a Stoccolma il 4 ottobre 1649. Era un uomo minuto dai modi gentili e raffinati, anche se a volte un po’ suscettibile, vestito quasi sempre di un verde così scuro da sembrare nero. Aveva una grande testa dominata da un naso importante, baffi curati , barbetta e i capelli che gli ricoprivano la fronte quasi fino a raggiungere le sopracciglia. Indossava una parrucca di colore naturale alla quale dedicava sempre cure meticolose. Non sembrava aveva portato con sé un gran bagaglio, e nemmeno troppi libri, tra cui però non mancavano Bibbia e Tommaso d’Aquino. Aveva però messo nel suo baule quasi tutti i suoi scritti.

Fu subito fu assalito da quel freddo a cui non era abituato: perfino i riccioli della sua parrucca sembravano essersi congelati.
Batté una contro l’altra le mani che erano intirizzite nonostante indossasse i guanti di pelo che gli erano stati raccomandati in Olanda, e che là gli erano parsi così caldi, mentre controllava se la carrozza dell’ambasciatore Chanut fosse lì ad attenderlo.

(1.continua)

immagine: Ritratto di René Descartes (Cartesio) di Frans Hals (1649).

53 thoughts on “Cartesio va a morire (1)

  1. Ciao. Ah, il signor Renato Delle Carte (renèe Descartes), il mio filosofo preferito. Non ho studiato filosofia, ho fatto solo la scuola media. Ma mio fratello, allora liceale, io in prima media, me ne parlava e io – glielo chiedevo- ascoltavo. Poi, a vent’anni, vado militare con alcuni libri fra cui tre volumi “pocket”, “storia della filosofia occidentale”. Dalla antica grecia, i presocratici, Anassimene Anassimandro, Parmenide; e gli atomisti,e Leucippo e Democrito, socrate e Platone, e la filosofia moderna, fra cui Spinoza, e Cartesio. A parte la topica che l’anima risiedesse “nella ghiandola pineale” (beh, l’anima a mio avviso e’ presente tutta intera in ogni cellula del corpo cosi’ come Dio e’ prsente tutto intero in ogni millimetro cubo dello spazio) , molto belli i suoi ragionamenti su Dio- “esiste in quanto se io, limitato, immagino una cosa infinita ed eterna, dunque ne sono in rapporto e la tal cosa mi ispira ed esiste, l’idea di “Lui” che “non puo’ venire da me che sono finito” , sulla esistenza di se’, sull’ l’Io (“si cogito, ergo sum”), sulla reale esistenza del mondo sensibile (“se Dio e’ perfetto, dunque non puo’ avermi dotato di sensi ingannatori, dunque i sensi mi rivelano il mondo cosi’ come e’, e realmente esistente nelle forme che io vedo”). E’ il mio preferito, “ghiandola pineale” a parte 🙂 🙂 cercare l’anima nel cervello od in una sua parte (oggi per la cscienza si parla del lobo prefrontale destro che solo noi umani possediamo, “sede della coscienza”; se mai , penso io, questa parte del cervello è solo “strumento”, di concerto col resto del cervello e del corpo, per la coscienza di questa realta’ fisica,..), è come smontare un televisore con l’intenzioine di trovare dove sta l’annunciatrice: ella sta oltre. Come l’anima, trasacendente. Non e’ religione la mia (ritenere che esistano l’anima, Dio, l’ aldila’), ma “un filosofare”, magari copiando da cartesio, da Socrate, da Buddha ecc. Ma non e’ un “credo perche’ mi vien detto”, ma un “ritengo sia cosi’ perche’ ci rifletto, e mi sembra ragionevole che….”/ . Ah, le citazioni, a parte “cogito ergo sum” che e’ letterale, sono a parole mie. Ciao Luisa 🙂

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